In questa guida spieghiamo in modo dettagliato cosa sono i prestiti per disoccupati e come ottenerli.
La richiesta di un prestito personale o finalizzato presuppone il possesso di quelle garanzie minime sollecitate dal creditore, senza le quali l’erogazione del finanziamento non potrebbe avvenire. La garanzia basilare richiesta è, come prima cosa, la busta paga. Essa consente all’istituto di intravedere i mezzi a disposizione del cliente per il rimborso del capitale e degli interessi, tramite le rate dell’ammortamento. Senza un reddito da lavoro, preferibilmente dipendente e frutto di un contratto a tempo indeterminato, la banca o la società finanziaria non avrebbe alcuna garanzia sulle possibilità effettive che il debito possa essere onorato.
Ma non tutti posseggono la busta paga. Non i lavoratori autonomi, i liberi professionisti e gli imprenditori, che possono esibire il Modello Unico, non sempre accettato dal creditore, a seconda del tipo di finanziamento, non le casalinghe, gli studenti, gli inoccupati e i disoccupati, ossia tutte categorie di persone senza un reddito da lavoro, per scelta o per condizione subita.
Vediamo allora come fa un disoccupato, per ipotesi, a accedere al credito e cerchiamo di capire se esistono prestiti indirizzati proprio ai disoccupati. In questo articolo cercheremo di rispondere a queste domande, dato che in rete, in particolare, molti finanziamenti vengono definiti accessibili ai disoccupati o, addirittura, studiati per loro.
Diciamo subito che non esiste la categoria dei prestiti per disoccupati, nel senso che nessuna banca o finanziaria concederebbe credito a un cliente senza un tipo di lavoro, e certamente non gli dedicherebbe una linea apposita di finanziamenti. Vediamo allora, di cosa parliamo, quando sentiamo l’espressione prestiti per disoccupati.
Il riferimento è a quella gamma di prestiti, ai quali potrebbero accedere anche coloro sforniti di una busta paga, come i disoccupati, appunto. Ma se abbiamo detto che senza un reddito da lavoro, un istituto non eroga credito, come si spiega che alcuni prestiti siano accessibili anche ai disoccupati. La risposta sta nel fatto che la banca, pur chiudendo un occhio sull’assenza della garanzia basilare della busta paga o del Modello Unico, concede al cliente l’opportunità di esibirle almeno una garanzia alternativa, sia essa reale o personale.
Per garanzia reale si intende l’iscrizione di un’ipoteca su un immobile di proprietà. In caso di inadempienza del cliente, la banca chiede al giudice di mettere all’asta l’immobile, in modo da potersi soddisfare del credito vantato, grazie al ricavato. L’ipoteca deve risultare a garanzia di una cifra inferiore a quella commerciale dell’immobile, per la parte libera da eventuali altre ipoteche. In Italia, un istituto limita all’80% del valore commerciale la somma erogata con la garanzia ipotecaria. Quindi, se una casa ipotecata viene stimata sui 100.000 euro, al massimo la banca non concederà al cliente un prestito superiore a 80.000 euro. In realtà, specie con la crisi economica degli ultimi anni, la percentuale erogata è scesa mediamente intorno al 50% o persino meno.
Dunque, un disoccupato può pensare di ottenere un prestito, se ha un immobile di proprietà da concedere a garanzia alla banca o alla finanziaria e il cui valore di mercato sia congruo, rispetto alla cifra richiesta..
Restando in tema di garanzia reale, anche il pegno potrebbe essere una soluzione per l’accesso al credito dei disoccupati. Si tratta di concedere in garanzia all’istituto un bene mobile di valore e non deperibile, solitamente un prezioso, un quadro o altro. Il cliente deposita il bene presso la banca, che in cambio eroga un prestito proporzionato al suo valore, riservandosi un margine a sua garanzia. Solo quando il prestito sarà integralmente rimborsato, il cliente ritornerà in possesso del bene dato in pegno. Il limite di questi finanziamenti è che sono in pochi gli istituti ad effettuarli e generalmente si tratta di piccoli prestiti, dato l’esiguo valore medio dei beni impegnati.
Passiamo adesso alla garanzia personale. Si tratta di trovare una persona, che con la sua firma garantisca per il rimborso integrale del nostro debito. In gergo, il contratto si definisce fideiussione e il garante è il fideiussore.
Questi si impegna dinnanzi al creditore a fare in modo che il debitore principale onori il suo debito e rispetti ogni scadenza. Perché la garanzia possa avere seguito, è necessario che il fideiussore possegga gli stessi requisiti economici e patrimoniali sollecitati al debitore principale. Si tenga conto che esso si espone al rischio di dovere intervenire per adempiere all’obbligazione al posto del garantito, altrimenti potrebbe venire segnalato alla Centrale rischi finanziari insieme a questo come cattivo pagatore o protestato, a nulla valendo la giustificazione di non essere stato al corrente dell’inadempienza contrattuale del debitore principale.
Per questo, tra il fideiussore e il garantito deve sussistere un rapporto di fiducia, nonché spesso anche di vicinanza fisica, in modo che il primo possa seguire le fasi dell’ammortamento. Di fatto, il garante è quasi sempre un parente stretto o un amico intimo.
Dunque, un disoccupato che voglia accedere al credito deve esibire almeno una delle suddette garanzie, altrimenti non gli sarà possibile godere di alcuna liquidità da parte della banca. Questo significa, come dicevamo, che più che parlare di prestiti per disoccupati, dovremmo evidenziare come senza un reddito da lavoro sia ugualmente possibile ottenere un finanziamento, a patto di essere in grado di garantire diversamente il creditore o con il proprio patrimonio immobiliare o con la doppia firma, ricorrendo all’aiuto di un parente o amico.
Esistono, infine, un paio di altre situazioni, che potrebbe consentire alla banca di accettare la richiesta di finanziamento di un cliente disoccupato. Si pensi al caso di un soggetto, che abbia investito i suoi risparmi in un capitale, tale da avere una rendita finanziaria per il futuro. Ipotizziamo, però, che nonostante abbia bisogno di liquidità, questi non intenda smobilizzare tale capitale, preferendo prendere a prestito la cifra di cui necessita. L’istituto potrebbe considerarla una garanzia congrua, concedendo ugualmente il prestito. Chiaramente, lo farà per un importo ragionevole, rispetto al capitale eventualmente disponibile nel caso di inadempienza.
Un’ultima situazione favorevole potrebbe aversi nei casi di godimento di assegni di mantenimento da parte dell’ex coniuge. Basterebbe fare una copia dell’estratto conto dei versamenti mensili e la banca potrebbe convincersi ad erogare il prestito. Tuttavia, non bisogna farsi illusioni, perché gli importi medi generalmente versati all’ex moglie o all’ex marito sono bassi, non tali da garantire l’accesso al credito per il beneficiario. Oltre tutto, i creditori sono consapevoli di come vanno queste cose, se l’ex coniuge sospende i versamenti, magari perché non ha più la possibilità economica di versare l’assegno, il rischio che il cliente non rimborsi le rate del prestito diventa molto grande.