Per prestiti infruttiferi si intendono quelli erogati da un creditore a un soggetto debitore, senza che il primo applichi sulla somma prestata gli interessi. Questi si configurano quale remunerazione per l’atto di erogazione di liquidità, che si traduce nel privarsi di un dato ammontare di denaro per un certo periodo di tempo. Al contrario, per chi prende in prestito una somma di denaro, gli interessi rappresentano un costo. Dall’incontro tra la domanda e l’offerta di liquidità scaturisce la determinazione degli interessi sul mercato del credito, incluso il fenomeno dell’usura. L’usura consiste nell’imporre alla controparte, quasi sempre con metodi coercitivi, il pagamento di interessi esorbitanti e tendenzialmente non rimborsabili dal debitore, in quanto la loro incidenza su base annua tende a superare la quota del capitale da restituire nello stesso arco di tempo.
Tornando alla definizione di prestiti infruttiferi, ci potremmo chiedere cosa possa mai spingere un individuo a prestare denaro senza alcuna remunerazione. In fondo, oltre che fonte di reddito, gli interessi compensano il creditore per il rischio corso nel consegnare denaro a terzi. Dunque, i prestiti infruttiferi sono un puro atto di liberalità, che nei fatti si traducono per chi li effettua un costo occulto, visto che il denaro restituito dopo un certo lasso di tempo da parte del debitore non riesce, in teoria, nemmeno a coprire l’inflazione verificatasi tra i due periodi. Questo, a meno che i prestiti senza interessi non siano stati corrisposti in un periodo di deflazione, ovvero di diminuzione generalizzata dei prezzi, nel quale caso diverrebbe fruttiferi da un punto di vista reale. Immaginando, per esempio, che Tizio presti a Caio 100.000 euro per un anno e che all’atto della restituzione della somma di denaro, l’indice dei prezzi, stando all’Istat, risulta diminuito del 2%, è come se i 100.000 euro valessero 2.000 euro in più e, pertanto, nonostante i tassi nominali siano stati nulli, quelli reali risulterebbero positivi. I prestiti sarebbero infruttiferi solo per modo di dire.
Rispondiamo alla domanda postaci poco fa, quella relativa a cosa spinge un individuo a prestare senza interessi. Di certo, la vicinanza sul piano familiare o dell’amicizia, come nel caso di un genitore che presta al figlio una somma di denaro con cui avviare un’attività o comprare una casa o ancora per estinguere un debito. Nell’economia informale, che rappresenta una quota non indifferente di quella ufficiale, l’erogazione di prestiti infruttiferi sono molto più diffusi di quanto non siamo portati ad immaginare a primo impatto.
Le banche o le società finanziarie non erogano quasi mai prestiti infruttiferi. Un istituto di credito punta a prestare denaro per ricavare gli interessi, con i quali sostentare la propria attività, coprendo i costi e realizzando un profitto. Sarebbe un controsenso che lo facesse senza imporre interessi al cliente. Eppure, potrebbe capitare, specie in fasi di agguerrita concorrenza, magari con l’obiettivo di strappare fette di mercato a altri. Si pensi alle numerose finanziarie a interessi zero o a tasso zero, che vengono periodicamente pubblicizzate, per cui risulta possibile l’acquisto di un elettrodomestico, di un’auto o usufruire di un servizio, pagando in comode rate e al contempo senza sostenere un onere. Attenzione, però, perché i prestiti a tasso zero non necessariamente implicano un costo zero per il cliente. Accade, infatti, che ad essere azzerati siano solo gli interessi, ai quali la banca o la finanziaria rinuncia, mentre le spese correlate alla contrazione del prestitosono caricate ugualmente sul cliente, il quale pagherà un certo costo per avere la comodità di pagare un bene o un servizio a rate, percentualmente nemmeno basso, in genere, per i piccoli prestiti.
Altri casi di prestiti infruttiferi potrebbero essere quelli d’onore, erogati da enti pubblici, attraverso le banche, finalizzati a stimolare quasi sempre attività imprenditoriali, specie in zone economicamente depresse. Questi prestiti prevedono di solito il seguente schema, il 40 o 50% della somma erogata non deve essere restituita, mentre il restante 50 o 60% deve essere rimborsata fino a un massimo di 10 anni e a interessi quasi azzerati. Facendo due conti, il prestito si trasforma in un contributo netto per chi lo riceve, in una perdita finanziaria per chi lo eroga, salvo giovarsi, si spera, di un impatto tendenzialmente positivo sul piano economico e sociale nel medio lungo termine.
Prestare denaro tra privati è possibile, sempre che si tratti di un atto occasionale, ovvero svolto non in maniera continuativa e professionale, nel quale caso si ricadrebbe nello svolgimento, improprio, dell’attività bancaria. Se presto 5.000 euro a un amico in difficoltà, è lecito, se effettuo nel corso dell’anno 50 prestiti a altrettante persone, non mi è consentito, perché rischio l’accusa di svolgere attività bancaria, soggetta a un monitoraggio di appositi organi di controllo e al rispetto di numerose e complesse regole.
Posso prestare denaro con gli interessi, sempre che siano rispettati i limiti sui tassi, che ogni trimestre vengono pubblicati dalla Banca d’Italia con riferimento a ciascuna categoria di credito, superati i quali si incorre nel reato di usura e si rischia, quindi, di essere condannati penalmente anche con la reclusione.
I prestiti infruttiferi tra privati non necessariamente devono essere registrati, sempre che la scrittura privata venga firmata e spedita in forma di corrispondenza alla controparte, la quale a sua volta deve firmare, una volta ricevuta la missiva, rispedendone una copia all’altro contraente. Tuttavia, a questo punto scatta il pagamento delle imposte, per via dell’obbligo di registrazione.
La scrittura privata per la contrazione di un prestito è regolata dall’art.1813 c.c., dove stabilisce che Il mutuo è un contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.
Essa deve contenere gli estremi dei contraenti, la causale, le modalità di restituzione e le scadenze pattuite, le eventuali penali nel caso di ritardo nei pagamenti e se il prestito prevede o meno l’applicazione degli interessi e se sì, in quale misura percentuale, in ragione dell’anno.
Il contratto deve essere firmato in calce dalle parti in ogni sua pagina e deve possedere data certa. Questa la si otterrà recandosi presso un qualsiasi ufficio postale, timbrando ogni foglio del contratto. Va versata un’imposta di bollo di 16,00 euro per ogni quattro facciate, mentre l’imposta di registro è pari al 3% della somma oggetto del prestito, eventualmente comprensiva degli interessi.
Che il prestito sia o meno infruttifero, vi consigliamo vivamente di seguire le norme, a maggiore ragione se non prevede il pagamento di alcun interesse. Questo, perché l’Agenzia delle Entrate potrebbe insospettirsi dal trasferimento di una somma di denaro tra Tizio e Caio, potendo giungere all’errata conclusione che la somma sia frutto di lavoro nero o di attività illegali, peggio, che vi sia dietro il reato di usura. Il consiglio è ancora più valido dopo il varo di norme, negli ultimi anni, che consentono al Fisco di ricevere automaticamente informazioni sui conti bancari e postali di tutti i clienti e in relazione a qualsiasi movimento tracciabile di denaro. Un prestito infruttifero potrebbe essere scambiato per qualcosa di contrario alle leggi dello stato, quando basterebbe una semplice registrazione per togliere ogni sospetto.