In questa guida spieghiamo in modo dettagliato cosa sono i prestiti tra i privati.
Quando si parla di prestiti e mutui, il pensiero corre automaticamente a una banca o una società finanziaria, perché siamo portati a pensare istintivamente che è in quelle sedi che si può reperire il denaro che serve, prestando le dovute garanzie. Ciò è grosso modo vero, perché il sistema bancario o, in generale, il cosiddetto circuito ufficiale del credito esaurisce quasi interamente il mercato dei finanziamenti. Tuttavia, un prestito può anche essere erogato tra privati, ossia tra soggetti non bancari. Nella vita di tutti i giorni, questo avviene sia in maniera del tutto legale.
In generale, la legge bancaria in Italia pone una riserva in favore delle banche e degli altri soggetti monitorati dalla Banca d’Italia per il prestito di denaro. Ciò significa che non è possibile prestare denaro con modalità professionali, al di fuori del circuito ufficiale. Ma non è del tutto vietato prestarsi denaro tra privati, infatti, come abbiamo detto, lo è, se avviene in maniera professionale, vale a dire con frequenza.
Se un individuo stipula cento contratti di finanziamento in un anno, tramite i quali presta denaro ad altrettanti soggetti, è evidente che stia violando la riserva bancaria, perché esercita a tutti gli effetti un’attività bancaria, senza averne le caratteristiche e possedere le relative autorizzazioni. Se, però, un individuo presta denaro in maniera del tutto occasionale, un una tantum, magari a un parente o un amico in difficoltà, nulla gli vieta di farlo.
Il denaro in banca o presso una finanziaria, come sappiamo, può essere ottenuto solo dietro l’esibizione di garanzie e rimborsandolo in rate periodiche, inclusive di un tasso d’interesse. Esso rappresenta la remunerazione del creditore per essersi privato di una certa liquidità per un dato periodo. Per il cliente-debitore, invece, l’interesse è chiaramente un costo.
Anche tra privati può accadere che il denaro possa essere prestato a scopo di lucro. Se ciò accade però, è necessario che sia espressamente indicato con scrittura privato, in assenza della quale si presume che il prestito sia stato erogato senza scopo di lucro, quindi, che il debitore debba restituire solo il denaro effettivamente ricevuto, senza alcun costo aggiuntivo.
La domanda è perché mai un soggetto dovrebbe chiedere denaro a un suo simile, ovvero a un altro privato, invece che rivolgersi a una banca o una finanziaria. Le risposte possono essere molteplici. La prima, in genere, è che l’economia informale è sempre più ampia di quella che si ipotizza. Non tutti hanno le caratteristiche per potere richiedere un prestito a un istituto, vuoi perché sfornito di sufficienti garanzie, vuoi anche perché in passato è stato oggetto di un protesto, oppure perché è intimorito dalla sola idea di mettersi nelle mani di una banca, che ha regole rigide, le quali spesso impensieriscono il debitore, nel corso della durata di un finanziamento.
Infatti, ammesso che si abbiano i requisiti per accedere al credito ufficiale, sappiamo come sia estremamente importante pagare ogni rata entro la scadenza pattuita, altrimenti si rischia di venire segnalati al Crif e all’Ufficio Protesti della Camera di Commercio territorialmente competente come cattivi pagatori o protestati.
Se si ricorre a un privato, meglio se un amico, un conoscente o un parente, tali rischi sono di gran lunga inferiori, perché è evidente come nei rapporti tra persone alla pari vi sia un maggiore grado di flessibilità. Difficilmente un privato adirebbe un’azione legale contro un suo debitore, che sia in ritardo per il pagamento di una rata di pochi giorni. Al contrario, con una banca si corre il rischio della segnalazione.
Non solo. Tra privati vi è spesso un livello di conoscenza sulle rispettive condizioni finanziarie e patrimoniali, che vanno oltre anche alla migliore indagine effettuata da un istituto di credito. Se presto denaro a un mio vicino di casa, è presumibile che sappia meglio di una banca quale sia il suo livello effettivo di reddito, quali sia la sua reale situazione finanziaria, se sia un soggetto affidabile, se in caso di difficoltà avrà modo di rimborsare il prestito, magari ricorrendo a un aiuto in famiglia o vendendo una qualche proprietà immobiliare o mobiliare, etc.
Per questo, la pratica dei finanziamenti tra privati è più diffusa di quanto non si creda, anche se ciò non esclude che persino in questo ambito vi siano parecchie incomprese e un alto livello di litigiosità.
Finora abbiamo ipotizzato che il prestito tra privato sia quello che si ottiene rivolgendosi a un conoscente, che magari sappiamo disporre di una certa liquidità. In realtà, negli ultimi anni le cose sono diventate più complesse, perché grazie alla diffusione di Internet, che consente a miliardi di persone in tutto il mondo di comunicare a costi quasi azzerati tra di loro, anche il mercato del credito si è evoluto.
Prima nel mondo anglosassone, come spesso capita nell’ambito finanziario, poi, anche in Europa, Italia inclusa, si è diffusa la pratica del cosiddetto peer to peer, che spesso troviamo indicata anche con la sigla P2P. Sono sorte alcune realtà online, che si pongono come finalità l’incontro tra la domanda e l’offerta di denaro. Attenzione,non confondiamo tale fenomeno con quello delle banche online. Qui, stiamo parlando di realtà del tutto extra bancarie, anche se in forma spesso societaria, che non prestano denaro, ma semplicemente dirigono il traffico dei flussi di liquidità tra richiedenti e offerenti.
In buona sostanza, mi iscrivo a uno di questi siti come richiedente un prestito o come offerente denaro. Indico quale somma sono disposto a richiedere in prestito o ad offrire. A questo punto, il sito prende in carica la domanda di un richiedente e la frazione tra numerosi offerenti, in modo da minimizzare il rischio di sofferenze. Esempio: Tizio ha chiesto 10.000 euro in prestito. Il sito di intermediazione glielo fa erogare da, poniamo, cinquanta creditori disponibili, ciascuno per la cifra che ha offerto, fino al raggiungimento dei 10.000 euro. In questo modo, evito di caricare le perdite eventuali del mancato rimborso su un solo creditore.
Anche nel P2P, il credito non è gratis. Possono essere diverse le modalità di fissazione dell’interesse, o il sito fissa un tasso al quale avviene il prestito, oppure lo fa fissare alle parti, chiedendo ai creditori a quale tasso minimo sono disposti a prestare denaro e ai richiedente a quale tasso massimo sono disponibili ad indebitarsi. L’incontro tra opposte esigenze dà vita alla pratica. Poiché, come abbiamo detto, i creditori eroganti un prestito a un solo debitore sono diversi e potrebbero avere preferenze differenti sui tassi al quale sono disposti a prestare denaro, l’interesse che il debitore si vede addebitato è la media ponderata di quelli dei vari creditori.
Il sito di intermediazione, che ripetiamo non essere una banca, attinge a una quota degli interessi, per cui punta a generare grossi volumi di prestiti tra privati, sui quali fonda il suo modello di business. Il fatto positivo di queste pratiche, che ormai nel mondo raggiungono i miliardi di affari, è che le sofferenze accusate sono inferiori mediamente a quelle delle banche più efficienti.
Prestiti tra privati con cambiali
Tornando al mercato più vecchio stile dei prestiti tra privati, notiamo come la pratica forse più diffusa sia quella di erogare denaro con la garanzia delle cambiali. Esse sono titoli esecutivi, che assegnano al possessore il diritto di escutere il patrimonio del debitore, evitandogli la trafila burocratica altrimenti vigente.
Le cambiali sono firmate dal debitore e consegnate al creditore, il quale le restituisce alla controparte quando vengono rimborsate le rate del prestito. In un certo senso, è come se fungessero da ricevute di pagamento, tanto che formalmente il debito si considera estinto, quando tutte le cambiali sono tornate in possesso del firmatario, oppure quando il creditore firma una liberatoria, con la quale attesta che i titoli siano stati tutti rispettati e che, pertanto, null’altro ha più da pretendere dall’obbligato.
Per fare in modo che le cambiali siano esecutive, è necessario che su di esse vengano apposte le marche da bollo nella misura almeno minima prevista dalle norme cambiarie, ovvero del 12 per mille dell’importo iscritto sul titolo, se si tratta di una cambiale tratta, dell’11 per mille, se siamo in presenza di un pagherò.
La differenza tra le due forme di cambiale sta nel fatto che la prima è emessa da un soggetto traente, che ordina a un soggetto trattario di pagare incondizionatamente alla scadenza e per l’importo segnalato sul titolo stesso il beneficiario. Nel secondo caso, invece, è il debitore stesso ad assumersi un tale onere.
Se le marche da bollo non vengono apposte o risultano insufficienti, le cambiali restano valide, ma non sono esecutive, nel senso che il creditore non può escutere automaticamente i beni del debitore, nel caso di inadempienza. Tuttavia, la non esecutività del titolo non è automatica, in quanto deve essere rilevata dal giudice. Questo significa che se il debitore inadempiente non facesse opposizione, la cambiale conserverebbe la sua caratteristica di titolo esecutivo.
Le cambiali sono titoli formali, cioè validi solo se vengono rispettate tutte le condizioni formali previste. Devono, quindi, comparire in esse il nome del soggetto traente, dell’eventuale soggetto trattario, se diverso dal primo, del beneficiario, l’importo riportato in lettere e in cifre da pagare a questo, la data e il luogo dell’emissione, oltre che la scadenza pattuita.
In realtà, le cambiali possono anche non riportare alcuna scadenza, nel quale caso si considerano pagabili a vista, ovvero all’atto di presentazione del beneficiario, purché entro un anno dalla data di emissione.
Esistono vari modi per fissare una scadenza per il pagamento del titolo, a certo tempo vista, che si calcola a partire dalla data di accettazione della tratta, che deve essere indicata accanto alla firma di accettazione del trattario, a certo tempo data, che si calcola dalla data di emissione, a giorno fisso, in questi casi, la scadenza è fissata come data sulla cambiale.
Prestiti tra privati senza garanzie
I prestiti tra privati con le cambiali prevedono una garanzia minima, offerta proprio dalla firma di questi titoli, anche se ciò risulterebbe insufficiente per l’erogazione di liquidità sul circuito ufficiale del credito. Può accadere, però, che il debitore non abbia prestato al creditore alcuna garanzia. Uno di questi casi è proprio il P2P, dove spesso vale solo la parola del richiedente per ottenere un prestito. Risulta essere chiaro che si tratta di una pratica rischiosa, ma per quanto detto sopra, spesso i privati sono in grado di conoscere meglio di una banca sia l’affidabilità che le reali condizioni finanziarie e patrimoniali di un soggetto richiedente, per cui è la conoscenza approfondita della situazione a minimizzare in questi casi il rischio.
Sempre grazie alla rete, anche se non necessariamente deve avvenire tramite di esso, negli ultimi anni si è diffusa anche la pratica del cosiddetto social lending o anche del crowfunding. Ipotizziamo che un’impresa o un individuo abbia bisogno di investire in un’attività di ricerca, ma non ne abbia i mezzi. Molto difficilmente una banca finanzierà un progetto di un’impresa privata o, addirittura, di un individuo, anche se si trattasse di un’ottima idea. Ne consegue che questi non avrebbe modo per portare avanti il suo progetto. Il crowfunding risponde a questa esigenza, si apre una sottoscrizione rivolta al pubblico, al quale si chiede di finanziare uno specifico progetto, che viene spiegato ed esaminato. A questo punto, chiunque ritenga tale progetto valido lo finanzia e così ne rende possibile l’attuazione.
Con queste modalità, diversi progetti imprenditoriale e finanche con finalità scientifiche sono stati finanziati. Se il piano va in porto, allora potrà remunerare i finanziatori anche dell’interesse eventualmente pattuito, ma va da sé che in molti casi il progetto sia l’unica garanzia a tutela del credito, se così possiamo definirla. Il rischio, infatti, è di perdere tutto.
Scrittura privata per i prestiti tra privati
Quando si presta denaro a un altro privato, è sempre consigliabile predisporre una scrittura privata, per due ragioni specifiche, la prima è che abbiamo una prova dell’avvenuta erogazione di liquidità, altrimenti il debitore potrebbe anche negare di avere ricevuto da noi denaro, la seconda sta nel fatto che, avendo ormai l’Agenzia delle Entrate accesso ai nostri conti correnti, se ipotizziamo che l’erogazione sia avvenuta tramite accredito su un conto bancario e che lo stesso accada per il rimborso, il Fisco non riuscirebbe a capire a quale operazione risalgono tali movimenti, potendoli addebitare a presunte attività in nero o illegali. La scrittura privata, invece, ci fornisce una prova della ragione a monte di tali movimenti, togliendoci da ogniu impiccio.
Per fare in modo che la scrittura privata sia valida, essa deve contenere gli estremi identificativi dei contraenti, ovvero il nome, la data di nascita, il codice fiscale, oltre che le modalità e le scadenze della restituzione, la causale del prestito, le eventuali penali da corrispondere per i casi di ritardo, gli interessi sulla somma erogata, se applicati.
La scrittura deve essere firmata da entrambe le parti in calce a ogni pagina. Deve contenere anche una data certa, cosa che è possibile recandosi alla posta e facendosi timbrare ogni foglio del contratto.
Se il prestito è a titolo oneroso, gli interessi attivi devono essere dichiarati dal creditore nella dichiarazione dei redditi, al Quadro RL 2 del Modello Unico. Gli interessi passivi, invece, a differenza di quelli sui prestiti erogati dalle banche, non possono essere detratti in sede fiscale dal debitore.
Se la scrittura viene registrata, si paga un’imposta di bollo di 16 euro per ogni 4 facciate di contratto e un’imposta di registro, pari al 3% dell’importo erogato in prestito, da pagarsi entro 20 giorni dalla stipulazione del contratto. Se il prestito è erogato con gli interessi, questi contribuiscono a formare la base imponibile su cui applicare il suddetto 3%.
Inoltre, se vengono concesse garanzie, viene applicata un’imposta di registro dello 0,50% sull’importo ipotecato o sulla fideiussione e un’imposta ipotecaria del 2% sul valore dell’ipoteca.
La registrazione è obbligatoria, se il contratto viene redatto in forma di scrittura privata, mentre se è compilato nella forma per corrispondenza, l’obbligo non sussiste. In quel caso, la scrittura va spedita alla controparte, che la ricopia, la firma e la rispedisce al mittente.