In questa guida spieghiamo cosa sono i prestiti su pegno.
Con la crisi economica molti italiani non hanno avuto più la possibilità di accedere al credito ordinario, non essendo spesso più in grado di esibire alla banca o alla società finanziaria le garanzie richieste per ottenere il finanziamento. Il fenomeno è conseguenza anche dell’esplosione dei casi di protesto e dei cattivi pagatori, come segnala l’aumento dei crediti deteriorati. Il prestito su pegno può essere la soluzione ideale per quanti non siano oggi nelle condizioni di accedere al credito alle condizioni date. Questa forma di finanziamento nasce nel Medioevo, un modo per andare incontro alle difficoltà delle fasce più povere della popolazione. In tempi più recenti, con lo sviluppo dei mercati finanziari e, in particolare, del sistema bancario, il prestito su pegno era quasi caduto in disuso, salvo riemergere con la crisi economica del 2008. Si tratta di un finanziamento, che un istituto eroga al cliente su richiesta, in cambio non di garanzie ordinarie, ma della consegna di un bene di valore.
In altri termini, la banca presta denaro al cliente, che generalmente è sprovvisto di adeguate garanzie, altrimenti richiederebbe forme di finanziamento più classiche, ma pretende in cambio che questi gli consegni a garanzia del credito un oggetto di valore, che potrebbe essere oro, preziosi, quadri. Questi oggetti devono essere muniti della certificazione di provenienza e anche della perizia sul loro valore commerciale effettivo. Ciò, al fine di evitare che si tratti di beni non di proprietà del cliente e che non si riesca a determinare con precisione il loro valore, come nel caso di falsi. Del resto la banca non è specializzata nella stima di un oggetto prezioso e se dovesse farlo autonomamente, essa dovrebbe rivolgersi a un professionista, con la conseguenza che dovrebbe gravare il finanziamento del costo di perizia.
Il cliente deve presentarsi munito anche di un documento d’identità valido e del codice fiscale, mentre generalmente non viene richieste la busta paga e non viene indagata la storia creditizia del richiedente, in quanto questo prestito nasce proprio per andare incontro ai bisogni di quel segmento del mercato del credito, che non dispone di adeguate garanzie. In genere, infatti, a ricorrere al prestito su pegno sono famiglie a basso reddito o in difficoltà economica momentanea, così come protestati e cattivi pagatori, che quasi automaticamente vengono scartati da qualsiasi altra alternativa.
Il prestito su pegno può avere una durata variabile da sei mesi a tre anni, ma niente vieta all’istituto di prevedere tempi diversi. Di solito, è un finanziamento a tasso fisso e rimborsabile con un ammortamento mensile. Il credito erogato è strettamente legato al valore dell’oggetto concesso in pegno. In origine, il bene doveva possedere un valore non inferiore a un terzo di quello del prestito, mentre oggi siamo dinnanzi a proporzioni molto diverse e, addirittura, potrebbe accadere che il valore commerciale del bene si richieda che sia persino superiore a quello del finanziamento.
Vediamo cosa succede se il cliente non riesce a pagare le ratecome si era impegnato a fare. Scatta l’inadempienza, che fa in modo che il bene non possa essere riscattato, con la conseguenza che viene venduto all’asta, trascorso il periodo di tempo indicato nel contratto, decorrente dalla data dell’inadempienza. In genere, la banca o la finanziaria si riserva il diritto di rivendere il bene all’asta, dopo sei mesi o un anno, che il cliente non si presenta e non ha pagato le rate, come da contratto. Se il prezzo di rivendita risulta superiore al credito residuo vantato verso il cliente, l’istituto verserà a questo la differenza.
Dunque, vediamo un caso concreto di funzionamento del prestito su pegno. Supponiamo che Tizio, disoccupato e con alle spalle un caso di protesto per il mancato rimborso integrale di un prestito precedentemente contratto, si rivolga alla banca X per ottenere un prestito di 1.500 euro su pegno, portandole un gioiello in oro dal valore commerciale di 2.000 euro, come da perizia di un gioielliere, certificata. Trattandosi di un contratto reale, esso si perfeziona con la consegna del bene. La banca, notando che il valore commerciale attuale del bene è superiore a quello del finanziamento richiesto, concede il prestito al cliente, prevedendo un ammortamento di un certo numero mesi e a tasso fisso.
Se Tizio restituirà il finanziamento, pagando puntualmente le rate mensili, al termine del contratto otterrà la restituzione del gioiello depositato in banca, altrimenti l’istituto si riserva il diritto di rivenderlo all’asta, trascorsi tot mesi, senza che Tizio si sia fatto vivo per riscattarlo. Non è detto che la banca lo venda alla prima occasione utile, perché nel caso specifico, se le quotazioni dell’oro risultassero diminuite nel frattempo, potrebbe convenirle attendere la loro risalita. Infine, se Tizio dovesse ancora alla banca 500 euro, interessi inclusi, questa potrebbe rivendere il gioiello all’asta, incassare, per ipotesi, i 1600 euro incassati, al netto delle commissioni, trattenere i 500 euro di credito vantato e restituire al cliente la differenza dei 1100 euro.