In questa guida spieghiamo in modo dettagliato in cosa consiste la cessione del quinto dello stipendio.
La cessione del quinto dello stipendio è una delle forme di prestito personale più diffuse in Italia, nonostante solo da pochi anni la legge abbia consentito che essa fosse accessibile a una platea più vasta di soggetti. Presupposto fondamentale, infatti, per accedere alla cessione del quinto dello stipendio è essere un lavoratore dipendente con contratto a tempo indeterminato, attivo sia nel settore pubblico che in quello privato. La legge finanziaria 2006 ha esteso questo prestito anche al settore privato, dato che fino ad allora si trattava di un finanziamento accessibile ai soli dipendenti della Pubblica Amministrazione.
Vediamo in cosa consiste concretamente la cessione del quinto. Si tratta di un prestito della durata massima di 120 mesi, che può essere rimborsato in rate mensili dall’importo non superiore al quinto, quindi 20%, dello stipendio, al netto delle imposte e dei contributi previdenziali.
La rata viene prelevata puntualmente dal datore di lavoro e versata all’istituto di credito. Esso non può esimersi dall’incombenza, in quanto obbligatoria per legge. Di fatto, si tratta di un finanziamento che passa per il suo coinvolgimento.
Il creditore ha come garanzia anche il TFR maturato dal lavoratore per il caso di cessazione del rapporto di lavoro. Ciò gli consente di accettare tra i clienti anche i cattivi pagatori e i protestati, in quanto il rischio di inadempienza è realmente abbastanza basso per questa tipologia di finanziamento.
Per questo, la cessione del quinto rappresenta la soluzione ideale per buona parte della platea dei lavoratori dipendenti, anche se non è priva di aspetti negativi. Il primo consiste nel fatto che bisogna passare per il coinvolgimento del datore di lavoro, il quale, anche se non può rifiutarsi di prelevare mensilmente la rata e di versarla all’istituto di credito, di fatto viene a conoscenza del finanziamento in corso da parte del lavoratore. Insomma, c’è un problema di riservatezza, che necessariamente viene limitata.
Un altro aspetto da considerare è, poi, dato dal fatto che questo finanziamento è accessibile solamente ai lavoratori dipendenti, una categoria sempre meno numerosa negli ultimi anni in Italia, dove l’esplosione dei contratti atipici e delle partite IVA ha limitato anche le possibilità di ricorso a queste forme di finanziamento personale.
Non ultimo, l’importo della rata. Essa non può eccedere il 20% dello stipendio netto mensile del lavoratore, il che limita la cifra massima richiedibile, tenendo anche conto della durata massima prevista in 120 mesi o 10 anni.
Per questo, molti clienti, una volta contratto un finanziamento con la cessione del quinto fanno ricorso anche al cosiddetto prestito delega o prestito con delegazione di pagamento. In sostanza, si tratta di un finanziamento del tutto simile per caratteristiche alla cessione del quinto, salvo per il mancato obbligo a carico del datore di lavoro di procedere al prelievo della rata e al suo contestuale versamento mensile al creditore. Per questo, la stragrande maggioranza dei datori di lavoro si rifiuta di eseguire l’incombenza e non rende possibile per il dipendente accedere al prestito delega. Ecco, quindi, che ad accedere a questo tipo di finanziamento sono quasi esclusivamente i lavoratori del settore pubblico.
Grazie al prestito delega, il lavoratore può richiedere un finanziamento fino a un importo massimo del 40% dello stipendio netto, 20% + 20%.
Normativa cessione del quinto
La cessione del quinto è regolato da un punto di vista normativo dall’art.1260 del Codice Civile, laddove è prevista la facoltà per il creditore di cedere il credito a titolo oneroso o gratuito, oltre che dal D.P.R. 180 del 2005. Nonostante le successive modifiche, questo testo è rimasto quello fondamentale per questo tipo di finanziamento. Ad integrare il D.P.R. sono state le leggi 311 e 80 del 2005, prevedendo il diritto alla cessione del quinto anche per i dipendenti del settore privato. Infatti, come abbiamo scritto sopra, fino al 2005 era consentito l’accesso solo ai lavoratori dipendenti del settore pubblico.
L’erogazione avviene con l’emissione di assegni circolari non trasferibili intestati ai clienti o tramite bonifici bancari accreditati sul conto corrente intestati allo stesso cliente.
Si tratta di un prestito personale, per cui il richiedente non è tenuto a spiegare le ragioni dell’impiego della liquidità che s’intende ottenere. Inoltre, le rate mensili hanno tutte uguale importo, in quanto il tasso applicato è fisso.
Per quanto detto sopra, la legge consente il superamento del 20% dell’importo della rata mensile, rispetto allo stipendio netto, arrivando fino al 40%, ma subordinatamente al consenso concesso dal datore di lavoro.
Nel caso di mancato pagamento anche di una sola rata e indipendentemente dai motivi, il cliente dovrà versare all’istituto di credito anche gli interessi di mora previsti dal contratto.
Quanto agli aspetti contrattuali a cui porre attenzione, vi chiediamo di prestare attenzione alla differenza tra TAN, Tasso Annuo Netto, e TAEG, Tasso Annuo Effettivo Globale. Entrambi devono essere indicati espressamente sul contratto e quasi sempre divergono. Il primo rappresenta, infatti, il tasso applicato dal creditore al prestito e su base annua. Il TAEG, invece, comprende tutti gli altri costi, quali le spese di istruttoria, di invio rata a domicilio. Pertanto, il TAEG risulta sempre superiore al TAN, tranne che il creditore rinunci ad applicare al prestito le altre spese, un fatto più unico che raro, rischiando altrimenti di rimetterci.
La divergenza tra TAN e TAEG tende a crescere con il diminuire dell’importo finanziato. Questo, perché gli altri oneri sono grosso modo fissi, ossia non variano all’aumentare del finanziamento, per cui tendono ad incidere maggiormente sui piccoli importi. Esempio, una banca applica un tasso del 5% su un finanziamento quinquennale erogato con la cessione del quinto per 10.000 euro. Le spese di istruttoria e gli altri oneri ammontano complessivamente a 500 euro, ovvero incidono in tutto per il 5% del finanziamento in 5 anni, cioè per circa l’1% all’anno. Ciò significa che il TAEG, comprensivo degli oneri totali, sarebbe del 6% e non del 5%, come il TAN.di istrr
Immaginiamo, invece, che il finanziamento sia di 5.000 euro. Le spese di istruttoria restano chiaramente uguali, per cui esse incideranno per il 10% dell’importo, ovvero per il 2% all’anno. Il TAEG risulterebbe del 7% e non del 6% come nell’esempio precedente, per cui resta confermato che al crescere della cifra finanziata, tende a ridursi la distanza tra TAN e TAEG.
Calcolo cessione del quinto
Vediamo come si fa in concreto a calcolare l’ammontare massima ammessa della rata mensile con la cessione del quinto. Semplice. Si prende lo stipendio netto mensile, ossia quello ottenuto sottraendo allo stipendio loro le imposte e le relative addizionali e i contributi previdenziali, lo si suddivide per 5 e si determina il valore della rata mensile. Questa si moltiplicherà per il numero delle rate contratte e si otterrà così il montante, che è l’ammontare del finanziamento, comprensivo degli interessi. Quindi, fate attenzione a non commettere l’errore grossolano di confondere il montante con il capitale ricevuto in prestito, perché è chiaro che la rata pagata ogni mese comprende anche una quota di interessi, per cui il prestito ottenuto è certamente più basso del montante che ricaverete dal calcolo sopra indicato.
Facciamo un semplice esempio, supponiamo che Tizio abbia un reddito netto mensile di 1.500 euro e che la durata del finanziamento sia di 5 anni, al quale viene applicato un TAN del 7%. Ciò implica che la rata mensile massima potrà essere di 300 euro, che moltiplicata per 60 mesi fa 18.000 euro. Di questi, 15.150,60 euro sono il capitale, ciò che effettivamente entrerà nelle tasche del cliente finanziato, mentre 2.849,40 euro sono gli interessi, ovvero il costo del prestito. Per semplicità non stiamo tenendo conto degli altri oneri gravanti sul finanziamento.
Questo ci fa capire che con uno stipendio netto di 1.500 euro al mese e al tasso dato, il cliente può richiedere una cifra massima di poco superiore ai 15.000 euro per un prestito a 5 anni con la cessione del quinto.
Rinnovo cessione del quinto
Il lavoratore dipendente, che ha in corso un finanziamento con la cessione del quinto può chiederne il rinnovo prima della scadenza, purché siano trascorsi almeno 2 anni dalla data di contrazione del precedente finanziamento, se di durata quinquennale, oppure 4 anni, qualora la cessione sia stata accesa con durata decennale. A questa regola esiste un’eccezione, che si ha nel caso di estinzione anticipata della precedente cessione, che dà diritto al cliente di richiedere un nuovo finanziamento sempre con la cessione del quinto anche prima che sia trascorso il 40% del tempo del rimborso del vecchio prestito, ma a patto che dalla data di estinzione sia passato almeno un anno.
Qualora la precedente cessione non sia estinta, può essere stipulato un nuovo contratto dopo la scadenza dei termini previsti dal D.P.R. 180 e successive modifiche, con lo stesso o con un nuovo istituto, purché la somma ottenuta sia destinata ad estinguere il vecchio finanziamento contratto con la cessione in corso.
Anche prima che siano trascorsi 2 anni dall’inizio di un contratto con la cessione del quinto a 5 anni, può essere richiesta una cessione decennale, a patto che sia la prima volta e fermo restando l’obbligo di estinguere la cessione precedente.
Dunque, la disciplina dice sostanzialmente che è possibile contrarre un nuovo finanziamento con la cessione del quinto, a patto che sia stato versato almeno il 40% delle rate con il finanziamento in corso. In alternativa, può essere richiesto il rinnovo anche prima, ma è necessario che le rate del vecchio finanziamento con la cessione siano state estinte e che sia trascorso almeno un anno da quest’ultima data. Infine, un finanziamento a 5 anni può essere sostituito con uno di durata decennale, anche prima dei 2 anni, purché sia stato estinto il vecchio prestito e si tratti della prima volta.
Ovviamente, dobbiamo sempre tenere in considerazione il limite invalicabile del quinto dello stipendio netto mensile, ovvero rinnovo o meno, la rata massima dovrà essere sempre non superiore al 20% di questi.
La possibilità del rinnovo è un’opportunità interessante, perché nella sostanza consente al debitore di richiedere liquidità aggiuntiva. Ciò è di grande importanza, visti i limiti esistenti con l’erogazione della liquidità, perché specie nel settore privato, dove è di gran lunga più difficile ottenere un finanziamento supplementare con il prestito delega, si rischia spesso di accedere a una somma limitata, in base al proprio fabbisogno, non potendo la rata mensile superare il quinto dello stipendio netto.
Ecco, quindi, che la soluzione potrebbe essere quella di richiedere, intanto, la somma massima ottenibile, dato il reddito da lavoro, fare trascorrere qualche anno e chiedere il rinnovo, sostanzialmente ottenendo così una maggiore liquidità.
Facciamo un esempio per capire meglio: un dipendente ha in corso un finanziamento con la cessione del quinto con rata mensile di 200 euro e deve ancora pagare un numero residuo di rate pari a 30. Poniamo che egli abbia bisogno di liquidità per altri 3.000 euro.
Per prima cosa, dobbiamo calcolare quanto dovrà rimborsare all’istituto di credito. La somma sarà pari all’importo della rata mensile, moltiplicato per il numero delle rate residue, sottraendo da queste gli interessi. Supponiamo che la cifra ottenuta sia di 5.200 euro. Dovendo ottenere liquidità aggiuntiva per 3.000 euro, egli dovrà fare richiesta di rinnovo per complessivi 8.200 euro.
Attenzione a un aspetto: dalle rate residue abbiamo sottratto solamente gli interessi, il TAN per intenderci, ma non anche gli altri oneri gravanti sul finanziamento. Infatti, l’istituto di credito dovrà in ogni caso rifarsi delle spese di istruttoria, di assicurazione, etc., sostenute per erogare il finanziamento. Questo implica che il cliente non dovrebbe mai con una certa leggerezza richiedere il rinnovo, senza essersi fatto 2 conti in tasca seriamente. Ad esempio, non sarebbe mai conveniente richiedere il rinnovo subito dopo avere iniziato a pagare le rate della vecchia cessione del quinto, perché significherebbe dover pagare su quest’ultima gli oneri rientranti nel TAEG, che si saranno spalmati, però, su poche rate, innalzando il costo effettivo del primo finanziamento. Gli esperti consigliano grosso modo di non rinnovare la cessione del quinto, prima di avere pagato almeno un terzo delle rate. Meglio sarebbe attendere anche qualcosa di più.
Infine, è probabile che se il rinnovo avviene con lo stesso istituto che ha erogato il primo finanziamento, le spese di istruttoria siano contenute, quanto meno per agevolare l’ottenimento della maggiore liquidità di cui si ha bisogno. Se così non fosse, sarebbe opportuno estinguere il debito, ricorrendo alla cessione del quinto con un altro istituto. Il rinnovo potrebbe risultare conveniente, se dalla data di contrazione del primo prestito sia avvenuto un calo dei tassi sul mercato, tale per cui i nuovi finanziamenti vengono erogati a costi decisamente più bassi. Viceversa, bisognerebbe pensarci più di una volta prima di farlo.